Colloquio di lavoro, le domande che i datori non possono fare: "Nemmeno quelle sui figli"

Se non volete rispondere a queste tre domande, durante un colloquio di lavoro, non preoccupatevi: i datori non sono tenuti a farle, e siete tutelati dalla legge. Per scoprire a quali domande ci riferiamo, continuate a leggere l'articolo.

Il colloquio di lavoro è un momento importantissimo, per i datori dell'azienda e, naturalmente, per i candidati alla posizione. È, in effetti, attraverso il colloquio di lavoro che si stabilisce il primo rapporto tra datori e dipendenti, ed è così che questi ultimi si fanno conoscere. Il colloquio è previsto, di solito, anche se in maniera diversa, sia per un lavoro privato che pubblico. Nel primo caso, può essere anche l'unica 'prova' da sostenere per essere assunti, mentre nel secondo è parte di un iter, che, spesso, comprende anche delle prove scritte e, a volte, la valutazione dei titoli presentati. L'iter viene previsto in un bando, che dà il via a un concorso pubblico.

Con il colloquio di lavoro, dall'altra parte, anche i datori si fanno conoscere. E, talvolta, la prima impressione data ai candidati può addirittura far scegliere a questi ultimi di non proseguire l'iter di selezione. Ci sono, in particolare, alcuni comportamenti assunti, o alcune domande fatte dal datore di lavoro, che possono demoralizzare i candidati. Alcune di queste domande sono addirittura proibite dalla legge.

Colloquio di lavoro: ecco le domande che non possono farvi

In un recente video pubblicato per la pagina Pillole di Economia, gli esperti Arianna Montefiori e Massimo Taddei hanno citato tre domande che il datore di lavoro non può fare. Prima di tutto, i datori non possono chiedere l'orientamento politico dei candidati, e neanche dei loro familiari o dei loro amici. La Legge n°300 del 1970, e cioè lo Statuto dei Lavoratori, prevede espressamente, nell'articolo 8, il divieto di fare indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, perché non rilevanti alla valutazione della loro attitudine.

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Inoltre, non si può chiedere ai candidati se hanno una relazione, né si possono fare domande sull'orientamento sessuale. Anche in questo caso, lo Statuto dei Lavoratori tutela il candidato, che non è tenuto a rispondere a domande sulla sua identità di genere o sessuale. Anche il Regolamento Europeo n°679 del 2016 considera queste informazioni come parte della privacy del lavoratore, e, dunque, le tutela.

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Un colloquio di lavoro. (Immagine realizzata mediante l'Intelligenza Artificiale).

Infine, non si può nemmeno chiedere ai candidati se hanno dei bambini, o se c'è la volontà di averli. Come spiegato dagli esperti, infatti, di solito, le aziende fanno queste domande per evitare di assumere donne con la volontà di avere figli, al fine di non subire quelle che loro considerano le conseguenze negative della maternità. Le discriminazioni basate sul genere sessuale, anche in merito alla volontà di avere figli, sono tutelate dal Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, e cioè dal Decreto Legislativo n°198 del 2006.

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